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Viaggio in Sicilia. Palermo, la salata

Viaggio in Sicilia. Palermo, la salata

Palermo, chiosco sotto porta Nuova – che immette su corso Vittorio Emanuele, il Càssaro, l’arteria principale e più antica della città – e sotto le mura del palazzo dei Normanni:  piattone di pasta con pomodoro (vero) e melenzane (come si dice in Sicilia) a pezzettini, panino con panella, due Moretti grandi, due caffè, 15 euro.

Cefalù, piazza del Duomo: due spritz Aperol con contorno di sottaceti e salatini molli: 16 euro, che neanche in piazza del Duomo a Milano. In bar pretenzioso, con toilette puzzolente e senza carta igienica.

Ok, questo deve essere un gustoso viaggio fra sapori mediterranei e onde del mare, ma questi salassi infastidiscono. Tanto. E non aiutano il turismo in luoghi che ne meriterebbero di più per la loro bellezza e storia.  Dimentichiamo l’aperitivo indigesto e ricordiamo la magnificenza della chiesa e la maestrìa scultorea che ricorre nei capitelli del chiostro. Poi torniamo a Palermo, per  un giro ai tre noti mercati, Vucciria, Capo e Ballarò: i primi due, in confronto al terzo, sembrano via della Spiga e via Montenapoleone. Ballarò – si capisce perché il bravo Floris ha chiamato così il suo talk di spesso urlanti ospiti - è un delirio di voci stentoree che promuovono il proprio prodotto, da succulenti tranci di tonno (che costano meno che alla Vucciria: qui 7,90 al chilo e spada a 16) a zucchine e melanzane di dimensioni pantagrueliche, trionfi di pomodori, frutta e lumachine a 4,90 al chilo. Tra le vetuste pietre di Segesta, gli arbusti ne erano carichi.

Palermo è una città magnifica. No: Palermo sarebbe una città magnifica, se non fosse così degradata, trascurata, annerita dallo smog ed oltraggiata dall’immondizia che si annida tra i riccioli di pietra delle statue barocche. La teoria di palazzi che si affaccia su corso Vittorio Emanuele è un’impalcatura continua, purtroppo non tanto per restaurare, ma per contenere lo sfacelo. Girare l’angolo dal corso ed inoltrarsi nelle viuzze retrostanti – e siamo comunque nel cuore della città, centro pieno, significa trasecolare davanti ad impianti idrici ed elettrici a cielo aperto, inorridire davanti a piazzette circondate non da case, ma da macerie, scuotere la testa davanti a scorci di storia anneriti e dimenticati.

«Numquam tam male est Siculis quin aliquid facete et commode dicant», osservava Cicerone nel 70 a.C., libro quarto dell’azione seconda contro Verre. Nulla può occorrere di così grave ai Siculi, che non lo riescano a commentare con spirito.

Alessandra Moro, da Palermo

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di radici friulane, è nata a Verona sotto il segno dei Pesci. Ha un fiero diploma di maturità classica ed una archeologica laurea in Lettere Moderne con indirizzo artistico, conseguita quando “triennale” poteva riferirsi solo al periodo in cui ci si trascinava fuori corso. Giornalista dell’ODG Veneto, lavora nel mondo della comunicazione stampa & tv; già collaboratrice per L'Arena nelle pagine dedicate a cultura e spettacolo e al gusto, per il Piccolo e per riviste di settore, lavora anche come ufficio stampa insieme a Emma Sofia… che, avendo solo un anno, è diventata la più vicina, imprescindibile assistente.  Appassionata lettrice ed appassionata cuoca, adora i formaggi (abbinati ai vini).

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