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L’Associazione Le Famiglie dell’Amarone d’Arte
è giunta al settimo anno dalla sua fondazione; oggi vanta 13 soci, prestigiose
aziende vitivinicole ricche del patrimonio storico culturale della
Valpolicella, che sostengono e promuovono il vino Amarone: Allegrini, Begali,
Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta
Sant’Antonio, Tommasi, Torre D’Orti, Venturini e Zenato.
Sabrina Tedeschi è oggi presidente de Le
Famiglie dell’Amarone d’Arte, coadiuvata da due vicepresidenti, Pierangelo
Tommasi e Alberto Zenato, subentrata a Marilisa Allegrini. Un passaggio di
testimone che significa continuità nell’operato dell’Associazione e che
riconferma i valori e gli obiettivi comuni e condivisi dalle 13 storiche
Famiglie: divulgare la conoscenza delle qualità dell’Amarone nel mondo, facendo
non solo promozione, ma anche e soprattutto formazione ed informazione, così
come già fa ogni singola azienda al proprio interno, anche con grandi
investimenti. Il fine ultimo è quello di creare un consumatore informato,
attento e capace di apprezzare tutta la passione che i produttori mettono in
questo straordinario prodotto della natura, portando un vantaggio non solo a un
singolo prodotto, ma a tutto il territorio e a tutta la filiera italiana, che
della qualità deve fare la sua bandiera.
Il programma che la neo presidente
Sabrina Tedeschi intende promuovere si snoda attraverso un ricco piano di
eventi, degustazioni e masterclass per celebrare il vino icona Amarone e di
riflesso il territorio della Valpolicella.
L’Associazione viaggerà tra Nord Europa
(Svezia e Norvegia in programma già il prossimo ottobre), tornerà - come già fatto negli anni scorsi - in Canada e Stati Uniti e valuterà anche una
visita dei mercati asiatici, per sostenere il made in Italy in mercati
emergenti. Non mancheranno poi anche gli eventi lungo lo stivale, volti a
creare e consolidare sinergie tra diverse realtà, unite dal medesimo interesse:
la qualità del vino.
Altro elemento
fondamentale che l’Associazione vuole consolidare è la creazione di una rete di
collaborazioni e sinergie strategiche tra produttori, dentro e fuori il territorio, istituzioni e associazioni legate
al mondo del vino e tutti i potenziali partner con cui condividere i medesimi
principi.
«Dobbiamo
concentrare tutti gli sforzi – afferma la presidente Tedeschi - sulla
comunicazione delle attività positive realizzate insieme per il territorio. La
numerosità delle aziende che popolano la Valpolicella è un potenziale
strategico: si tratta, infatti, di tantissime voci che possono viaggiare nel
mondo e portare il verbo Amarone, investendo in questo modo per se stessi, ma
di riflesso anche per tutta la comunità. Noi auspichiamo fortemente un lavoro
sinergico con tutti coloro (singoli o associati) che hanno a cuore la
Valpolicella e le Denominazioni che di essa sono espressione antica. Una sinergia
ben espressa anche dagli ultimi due soci cooptati nell’Associazione: Guerrieri Rizzardi e Torre d’Orti della
Famiglia Piona, autorevoli realtà che hanno scelto di esserci al fianco. Tali
ingressi hanno rafforzato l’interesse per questa Associazione di
produttori, rendendola un’unione ancor più riconosciuta e autorevole e sempre
più parte attiva nelle scelte a favore dell’Amarone di qualità».
Nel programma
de Le Famiglie dell’Amarone d’Arte ci sarà spazio per la ricerca e
l’innovazione, elementi fondamentali per assicurare e incrementare la qualità
della produzione. La ricerca parte innanzitutto dalla differenziazione delle
aree vitate, tema non esente da forti contrasti: la pianura e il fondovalle non possono essere
considerati pari alla collina, in termini di qualità del prodotto. La consolidata
esperienza delle famiglie e le analisi accurate condotte da agronomi esperti,
hanno evidenziato la complessità della Valpolicella.
«Qui esistono
peculiarità e diversità, in termini di profondità dei terreni, escursione
termica, ventilazione e altitudine, che come tali devono essere gestite – afferma
Tedeschi - Così le uve coltivate nei profondi terreni della pianura, non
raggiungono la stessa complessità aromatica, la corposità e la longevità delle
uve di collina: qui la presenza di marne e la ridotta profondità riducono la
vigoria della pianta, inoltre la maturazione delle uve e la composizione
fenolica ed aromatica risentono di livelli di escursione e ventilazione, che
solo la collina può assicurare».
Alle
politiche del Consorzio, che si presentano all’esterno come interessate al
prodotto inteso come sola quantità indifferenziata, l’Associazione contrappone
un Amarone della Valpolicella come valore unico da rispettare e come entità concreta
frutto dell’opera appassionata di tante persone e famiglie. Ogni decisione
dovrebbe quindi sostenere la qualità e favorire il potenziale delle diverse
varietà di uve, considerando il luogo e il modo con cui queste stesse sono
state prodotte.
«Siamo fortemente preoccupati – continua
polemica la presidente dell’Amarone d’arte , Sabrina Tedeschi - circa l’operato
del Consorzio, che dal 2009 interviene riducendo la quantità di uva selezionata
per la produzione di Amarone dal 65 al 50% , senza distinguere le zone dove il
vino è prodotto. Già da ora il
presidente Christian Marchesini ha dichiarato che, se il 2016 sarà una buona
annata, saranno necessarie ulteriori e più drastiche riduzioni. Perché
mai il piccolo/medio produttore di collina, che è in grado di seguire il
prodotto dalla vigna alla cantina, fino alla distribuzione sul mercato, deve
rinunciare a produrre vino Amarone che potenzialmente può vendere interamente in
favore di chi ne ha prodotto troppo indistintamente? Egli non vuole
assolutamente rinunciare a questa possibilità consentita dal disciplinare e che
costituisce il reddito della sua famiglia e di chi collabora con lui! Il
problema è che la sua voce non esce all’esterno, perché il voto delle
piccole/medie realtà familiari del territorio è schiacciato nel Consorzio dal
peso quantitativo delle cantine cooperative che rispondono a logiche
commerciali completamente diverse».
Secondo i
produttori delle Famiglie dell’Amarone, l’attento controllo del prodotto (ed
ancor più di un prodotto di qualità qual
è l’Amarone della Valpolicella) va pianificato su tutta la catena produttiva,
dalla vigna fino all’imbottigliamento: si deve mirare, infatti, ad intervenire nella
gestione qualitativa della superficie vitata e nell’imbottigliamento in zona,
per evitare esportazione di vino sfuso, cosa che necessariamente ha come
conseguenza l’interruzione del controllo della filiera.
«Ci rendiamo conto – continua la
presidente - di avere tra le mani un gioiello e come tale
dobbiamo saperlo proteggere. Per questo siamo contrari ad una
commercializzazione massificante, che ha portato ad una riduzione dei prezzi e
conseguentemente allo svilimento dell’immagine. Siamo invece convinti che non
vi può essere produzione di qualità senza innovazione nelle scelte aziendali,
agronomiche ed enologiche, che richiedono costanti investimenti di lungo (se
non lunghissimo) ritorno economico. Per questo crediamo che un prodotto di qualità
debba anche prevedere una corretta remunerazione per il vignaiolo e per questo
la guerra sul prezzo al ribasso è deleteria tanto per il singolo, quanto per la
Denominazione tutta».
«Stimiamo il faticoso lavoro di tutti i produttori che mantengono alto
il nome dell’Amarone, ben consapevoli che non siamo gli unici a fare qualità.
Proprio per questo – conclude Sabrina Tedeschi - invitiamo anche altri
produttori che condividono i nostri obiettivi e le nostre preoccupazioni ad
aprire un tavolo di confronto. Siamo anche disponibili al dialogo con il Consorzio, che può iniziare
annullando le attuali controversie e intavolando una discussione costruttiva,
nel comune interesse per il territorio».
L’Associazione
agisce nel rispetto non solo di un territorio, la Valpolicella, e di un vino,
l’Amarone, ma per tutelare il vino di qualità nel suo genere. Si tratta di un
operato che dev’essere comune a tutte le realtà del vino italiano di qualità e
che, così agendo, contribuisca all’immagine del vino italiano nel mondo come
esempio di costante e crescente qualità.
Laureato in Lettere alla “Cattolica” di Milano, ho cominciato durante l’università a scrivere per il quotidiano della mia città, “L’Eco di Bergamo”, al quale – pur essendo oggi in età di pensione – continuo a collaborare sia sul cartaceo che sul sito web. Sono stato addetto stampa di enti pubblici, direttore di Teleorobica, direttore-editore del mensile “Bergamo a Tavola” (1986-1990) poi trasformato in “Lombardia a Tavola” (1990-2002) e poi venduto (oggi vive ancora trasformato in "Italia a Tavola"). Mi sono sempre occupato, oltre che della cronaca bianca della mia città, di enogastronomia e viaggi. Ho collaborato alla Rai-Gr1, vinto premi giornalistici in tutta Italia e scritto qualche libretto, tra cui “La cucina bergamasca – Dizionario enciclopedico” e una Guida dei ristoranti di Bergamo città e provincia. Mi piace l’Italia e tutto quello che di buono e bello sa offrire. Spero, con i miei scritti, di continuare a farla amare da tanti altri lettori. 338.7125981