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Giovane, laureato o diplomato,
esperto di prodotto, trentino. Potrebbe essere l’identikit del mastro
distillatore 3.0, quello del futuro. Se infatti la Grappa del Trentino, uno dei
distillati più antichi al mondo, vanta tradizioni e storia secolari, oggi sono
i giovani a fare la differenza e a tornare in distilleria per portare avanti un
mestiere certo non facile, ma che sta riscoprendo un grande fascino,
soprattutto anche grazie alla specializzazione che possono offrire le scuole
superiori e università. E’ quanto emerge da una recente analisi che l’Istituto
Tutela Grappa del Trentino ha compiuto sui propri associati, 28 di cui 21
distillatori diretti, il resto imbottigliatori. «Non ci stupisce molto il dato
in realtà – commenta il presidente dell’Istituto, Beppe Bertagnolli – perché negli ultimi anni abbiamo assistito da
una parte a un graduale ritorno in azienda di giovani leve, dall’altro una
richiesta di lavoro sempre maggiore da parte di giovani diplomati o addirittura
laureati in discipline enologiche e chimiche, pronti a mettersi alla prova
all’interno delle nostre distillerie».
Il distillatore del
nuovo millennio.
Considerando che in Trentino la totalità delle distillerie vanta una storia di
almeno 40 anni, il 50% di oltre 50 anni e il 25% ultracentenaria, i dati che
spiccano sono quelli relativi al ricambio generazionale: oltre il 70 per cento
delle distillerie infatti ha al suo interno un familiare sotto i 40 anni di
età. L’inserimento dei giovani titolari in certi casi è già avvenuto anche
sotto il profilo dirigenziale, circa il 60%. Ancora più interessante l’aspetto
legato alla professionalità. Il 68% delle distillerie trentine ha al suo
interno giovani specializzati nella produzione, mentre il 57 per cento ha
assunto giovani negli ultimi dieci anni. Tra i ruoli maggiormente occupati dai
giovani in distilleria ci sono quelli di tecnico, ma anche enologo o chimico,
mentre l’80% delle imprese trentine che producono grappa ha un impiegato nel
marketing sotto i 40 anni.
Le distillerie 3.0. Se fare grappa
richiede ancora maestrie che si rifanno inevitabilmente al passato, anche se
ormai con una tecnologia di elevata qualità e innovazione, i giovani impiegati
delle imprese trentine hanno saputo investire anche sulla comunicazione
moderna. Insomma, da una parte l’alambicco, dall’altra lo smartphone e i social
network. Sono molte le aziende che al loro interno hanno una figura
professionale che si occupa di comunicazione e più in particolare di social
marketing. Tutte le distillerie sono dotate di un sito internet di nuova
generazione, ma non finisce qui. Molte hanno un profilo Facebook, (una su due),
mentre il 42% per cento utilizza anche Twitter. Altri social network, come
Linkedin, Instagram e Pinterest, sono usati dal 23% delle aziende.
L’Istituto di Tutela della Grappa del Trentino è nato nel
1960 con l’obiettivo di tutelare e promuovere il prodotto. Oggi conta 28 soci
dei quali 21 sono distillatori e rappresentano la quasi totalità della
produzione trentina ed ha il compito di valorizzare la produzione tipica della
Grappa ottenuta esclusivamente da vinacce prodotte in Trentino e di qualificarla
con un apposito marchio d’origine: il tridente con la scritta “Trentino Grappa”.
Quello della grappa in Trentino è un settore di non piccolo conto, soprattutto
se calato nell’economia locale. Ogni anno vengono prodotti in Trentino circa 10 mila
ettanidri di grappa (circa il 10% del totale nazionale) vale a dire circa 4 milioni di bottiglie (da 70
centilitri)
distillando 15 mila tonnellate di vinaccia. Tre le tipologie principali di
grappa prodotta: quella da uve aromatiche (40% del totale), quella destinata
all’invecchiamento (circa il 35%) e quella da vinacce miste (circa il 25% della
produzione). Il fatturato medio annuo che la grappa genera in Trentino è
calcolato intorno ai 15milioni di euro per l’imbottigliato e 2 milioni di euro
per quanto riguarda la materia prima.
Laureato in Lettere alla “Cattolica” di Milano, ho cominciato durante l’università a scrivere per il quotidiano della mia città, “L’Eco di Bergamo”, al quale – pur essendo oggi in età di pensione – continuo a collaborare sia sul cartaceo che sul sito web. Sono stato addetto stampa di enti pubblici, direttore di Teleorobica, direttore-editore del mensile “Bergamo a Tavola” (1986-1990) poi trasformato in “Lombardia a Tavola” (1990-2002) e poi venduto (oggi vive ancora trasformato in "Italia a Tavola"). Mi sono sempre occupato, oltre che della cronaca bianca della mia città, di enogastronomia e viaggi. Ho collaborato alla Rai-Gr1, vinto premi giornalistici in tutta Italia e scritto qualche libretto, tra cui “La cucina bergamasca – Dizionario enciclopedico” e una Guida dei ristoranti di Bergamo città e provincia. Mi piace l’Italia e tutto quello che di buono e bello sa offrire. Spero, con i miei scritti, di continuare a farla amare da tanti altri lettori. 338.7125981