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L’Andalusia, la Spagna dei Mori, costituisce l’estrema regione di
sud-ovest affacciata sul Mediterraneo occidentale e sull’Atlantico,
divisi dallo sperone di Gibilterra. Grande quanto il Portogallo con cui
confina (un sesto della Spagna), l’ Al Andalus degli arabi che la
dominarono per otto secoli è una terra montuosa a nord, con
un’agricoltura arretrata, e fertili pianure lungo la costa bagnate dal
Guadalquivir, ed anche la più popolosa del paese. Come tutti i sud è
calda in tutti i sensi ed è stata la culla delle tradizioni più
caratteristiche: corrida, tapas, flamenco, chitarra e canto. Le fiestas
sono più chiassose e pittoresche che altrove, le processioni più
spettacolari e coinvolgenti, le corride più partecipate, il caldo estivo
più torrido, le persone più vivaci. Gli andalusi vivono sempre al
massimo: difficile non rimanere contagiati dalla loro allegria. La sua
conformazione l’ha sempre resa più facilmente accessibile dal mare che
non via terra. Qui approdarono attorno al 1000 a.C. i Fenici, attratti
dalle ricchezze mineraria, portandovi la scrittura, le monete, il
tornio, l’olivo e la vite, l’asino e la gallina, la salatura del pesce e
la musica, seguiti poi da Greci, Cartaginesi e Celti. I Romani vi si
trovarono tanto bene da restarvi per sei secoli, facendone una delle
province più ricche e civilizzate dell’impero: vi edificarono imponenti
città e costruirono strade, ponti e acquedotti tuttora funzionanti. Nel
711 arrivarono i musulmani che rimasero per ben 8 secoli, divisi in una
moltitudine di regni. Sotto gli arabi visse un periodo di grande
prosperità materiale e culturale. Esperti in irrigazione, vi
introdussero nuove coltivazioni (arance, limoni, pesche, canna da
zucchero, angurie, melanzane) e soprattutto la cultura antica greca, la
matematica, l’astronomia, la medicina e la botanica, sintesi del sapere
antico classico, arabo, ebraico e cristiano. In architettura crearono
capolavori che ancora oggi ci lasciano a bocca aperta. Nel 900 Cordoba
contava 300 mila abitanti, 800 moschee e 700 bagni pubblici, una
pregiata università con ricche biblioteche, un centro cosmopolita di
eruditi vero faro culturale nel buio del Medioevo europeo. La divisione
musulmana portò pian piano alla riconquista da parte dei re cattolici
spagnoli: nel 1492 cadde Granata, ultimo baluardo moresco. La scoperta
dell’America portò enormi ricchezze ai porti di Siviglia e Cadice, ma
l’assegnazione delle terre ai nobili casigliani comportò miseria per il
popolo che porterà poi a fine 800 a rivolte anarchiche e ad orribili
atrocità durante la guerra civile. Una terra ricca abitata da gente
povera, come l’ha definita qualcuno, ma meritevole di essere visitata.
Meno famose delle consorelle Cordoba, Siviglia, Granada e
Malaga, Cadice e Jerez de la Frontera rappresentano i gioielli
dell’Andalusia atlantica, quel tratto di costa della Spagna meridionale
affacciata sull’oceano oltre lo stretto di Gibilterra. La Frontera non
si riferisce ai non lontani confini con l’Algarve portoghese, bensì
all’antico confine storico tra l’Andalusia moresca e musulmana e la
Spagna cattolica prima delle Reconquista cristiana. Cadice, elegante e
raffinata città portuale al centro della Costa de la Luz ancora oggi
racchiusa entro una cinta di poderose mura, può vantare il titolo di una
delle città più antiche d’Europa, essendo stata fondata dai Fenici nel
1100 a.C., ma per la prosperità del suo porto bisogna attendere la
scoperta dell’America, che nel XVII secolo ne fece la più ricca e
cosmopolita città spagnola, purtroppo ora in decadenza,. Da qui partì
anche Colombo per il suo 2° e 4° viaggio verso il Nuovo Mondo. Bello il
centro storico, composto da un dedalo di viuzze su un promontorio con
ampie piazze, dominato dall’imponente cattedrale; chiese e musei
conservano i capolavori di illustri maestri come Goya, El Greco e
Zurbaran. La candida Jerez costituisce invece l’elegante capitale di
alcune delle più tradizionali passioni nazionali: lo sherry, il robusto e
liquoroso vino dal lungo invecchiamento, l’arte equestre dei bianchi
cavalli andalusi danzanti al passo di musica, l’allevamento dei tori da
corrida e il flamenco, l’arte musicale di origine gitana sintesi dei
virtuosismi di chitarra, canto e danza. Tra i significati monumenti
storici come l’Alcazar, imponente fortezza araba del XI° secolo, la
cattedrale con tutta l’esuberanza decorativa del barocco spagnolo e la
chiesa gotico-isabellina di San Miguel dalla facciata straordinariamente
ricca di ornamenti, ovunque si incontrano cantine e rivendite di
sherry, negozi di selleria e scuole di flamenco. La strada dei
sonnolenti Pueblos Blancos di origine moresca arroccati tra le colline
della valle del Guadalquivir, con le sue stradine acciottolate, le donne
vestite di nero con il copricapo all’araba e le case tinteggiate di
calce, costituisce uno degli itinerari più suggestivi dell’Andalusia.
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