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Salumi d'Italia. La Mortandela della Val di Non

Salumi d'Italia. La Mortandela della Val di Non

Testimonianza della lunga tradizione norcina della valle, è un insaccato antico, prodotto solo artigianalmente. Ha una curiosa forma a polpetta con un caratteristico colore bruno. Un salume accattivante, molto saporito che si può consumare crudo o cotto, fresco o stagionato. Oltre ad essere un prodotto tradizionale italiano, è un presidio Slow Food, termine applicato a prodotti rari ed eccellenti a rischio di estinzione e ai disciplinari e regole di produzione che li contraddistinguono.

Da non confondersi con la mortadella, il salume tipico della Val di Non , la mortandela, è prodotta  da pochi macellai specializzati. Alla base c’è un metodo di conservazione della carne suina conosciuto sin dall’inizio dell’800 e radicato nelle tradizioni locali. La lavorazione è completamente manuale. L’impasto assomiglia a quello del salame, però è lavorato con le mani fino a raggiungere una forma sferica avvolta poi nell’omento di suino (retino o reticolo di maiale ), affumicata e stagionata, anche se la si può trovare fresca.

In passato, in Val di Non, le famiglie usavano acquistare un maialino alla Fiera dei Santi e allevarlo per poco più di dodici mesi a crusca, scarti di ortaggi, patate e fieno. Ecco perché si parla anche del maiale dei due agosti. Per la produzione della mortandela sono utilizzate le carni di suini che pesano dai 160 ai 220 chili. “Una volta si faceva macinando le parti meno nobili del maiale – fa presente Massimo Corrà, quarta generazione di macellai della Dal Massimo Goloso sita in Coredo nell’alta Val di Non. Oggi si utilizzano spalla, pancetta, parte della coscia, tendente al grasso. Il tutto viene macinato con l’aggiunta di sale pepe, aglio e spezie varie,  appallottolato a mano, avvolto in rete, sottoposto ad affumicatura ed eventuale stagionatura. Le tipiche polpette pesano dai due ai tre etti. La rete è importante perché non lascia penetrare intensamente il fumo nella carne, dandogli un sapore, diciamo, più delicato” .

Dopo quattro,cinque giorni può essere consumata fresca, d’estate alla griglia è ottima, in inverno con crauti, verze, patate, orzo e verdure di campo lesse. Con una stagionatura dai trenta ai quaranta giorni può essere consumata come salume da antipasto o aperitivo, oltre che pietanza.

“Il prodotto – continua Massimo Corrà – era in estinzione una quindicina d’anni fa per gli alti costi di produzione ed i gusti da parte dei consumatori per cose più pratiche. Intorno al 2000 la ricerca da parte degli albergatori della zona di prodotti tipici e  Slow Food, hanno fatto sì che la mortandela fosse riscoperta. Molto importante il legame territoriale tra produttori di suini e di insaccati.”

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