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DJIBOUTI, PARADISO E INFERNO

DJIBOUTI, PARADISO E INFERNO

Conoscete Djibouti ? Sicuramente sono davvero in pochi a poter dire di conoscere questa microscopica nazione del Corno d’Africa, grande quanto la Sardegna ma schiacciata tra Eritrea a nord, Etiopia ad ovest e Somalia a sud-est,  in quanto il turismo non è ancora arrivato a scoprire le sue straordinarie valenze ambientali e naturalistiche, e se non siete un militare o un commerciante internazionale non avete alcuna ragione per andarci. La buona ragione la trovarono invece i Francesi nel 1862, che l’acquistarono per diecimila talleri dai sultani yeminiti per controllare da sud-ovest l’intenso traffico marittimo del Mar Rosso (oggi una delle rotte più trafficate al mondo) conseguente all’apertura del Canale di Suez, e bilanciare così la presenza inglese ad Aden, sull’opposta sponda yemenita. La penisola arabica, separata dallo stretto di Ba bel-Mandeb, dista infatti appena 20 km. All’interno del profondo golfo di Tadjoura, un ampio fiordo che porta le acque del mar Rosso in pieno deserto, fondarono nel 1888 la città portuale di Djibouti Ville, che oggi con mezzo milione di abitanti accentra i due terzi della popolazione totale. Nonostante le ridotte dimensioni, il paese si presenta estremamente vario: a nord le catene vulcaniche dei monti Dankali che superano i 2.000 m di altezza e ospitano l’unica vera vegetazione arborea, al centro e a sud pianori desertici a steppa con profonde depressioni assai simili alla confinante Dancalia etiope, a tratti ricoperti da colate laviche, e infine ridotte pianure lungo i 300 km di costa alta e compatta sul golfo di Aden, punteggiata da stupende barriere coralline.  E poi ci sono i laghi, vera meraviglia ambientale e minerale. Djibouti si trova infatti in un’area geologica di intensa attività tettonica, nel punto di contatto e di scontro di tre diverse placche continentali che tendono ad allontanarsi una dall’altra ad una velocità di 2 cm all’anno. Qui la crosta terrestre misura appena 5 km di spessore e sotto ribolle il magma vulcanico, lo stesso che ritroviamo spesso consolidato anche in superficie. Fenomeni vulcanici e geotermici sono ovunque frequenti: nel 1978 vicino al lago Assal è nato in pochi giorni un vulcanello alto 40 m. All’altezza di Djibouti la possente faglia tettonica della Rift Valley, proveniente dal Mar Morto, abbandona il Mar Rosso per tagliare in due l’Africa meridionale fino al Malawi. Tramite questo varco in epoche lontane le acque del Mar Rosso hanno invaso la piana dancalica, creando gli imponenti depositi salini; i laghi ne costituiscono la residua testimonianza. Il maggiore, condiviso con l’Etiopia, è il lago Abbè (o Abbe), 450 km2 (quindi più grande del nostro Garda), occupato per tre quarti da acqua salatissima  (massima profondità 36 m) e per il resto da una spessa crosta salina, materia prima di commercio per le popolazioni locali afar mediante lunghe carovane di dromedari. A nord si intravvede un vulcano inattivo alto mille metri, a sud la piana di sale larga 10 km. Ma l’attrattiva più spettacolare è costituita dai cristalli di sale e dalle incrostazioni di gesso di svariati colori tra sorgenti calde gorgoglianti e, soprattutto, da bizzarri camini calcarei simili a ciminiere naturali, alti fino a 50 m, che emettono vapore geotermico proveniente da sottoterra. Fino a tempi recenti il lago era assai più esteso, offriva acqua dolce portata dal fiume Awash e ospitava una ricca fauna tra cui ippopotami, coccodrilli, pellicani e tanti pesci. Poi gli Etiopici hanno costruito una diga idroelettrica e l’acqua non arriva più: il lago, per l’intensa evaporazione,  si è ridotto sensibilmente ed è diventato salato, la fauna è scomparsa. Non a caso in questo ambiente primordiale da bolgia infernale è stato girato nel 1968 il film di fantascienza Il pianeta delle scimmie. Da non perdere lo spettacolo all’alba di migliaia di fenicotteri rosa, intenti a pescarvi crostacei. Assai più piccolo (solo 54 km2) l’altro lago endoreico, l’Assal, ubicato al fondo di una depressione profonda 153m (il punto più basso dell’Africa), ma non meno attraente con acque policrome dodici volte più salate di quelle marine ricche di enormi cristalli di cloruro di sodio, circondato da vulcani inattivi e nere distese di lava. Offre la caratteristica di cambiare colore ad ogni variazione di luce. Tra i due laghi si estende il deserto dell’Ogaden, arido e caldissimo, dove sopravvivono soltanto pastori nomadi afar con le loro mandrie di dromedari e capre, popolazione riservata e scorbutica che fino a poco tempo fa aveva la cattiva abitudine di evirare i propri nemici; in questo contesto estremo si possono però incontrare zebre, gazzelle, struzzi, antilopi, facoceri e asini selvatici, mentre la vegetazione è costituita da acacie spinose, tamerici, euforbie e palme da dattero. Altre  imprescindibili attrattive naturali sono costituite dal parco nazionale Foresta di Day, l’unica vera macchia verde del paese a 1400 m di quota, composta da ginepri, ficus, mimose, ulivi, euforbie e alcune piante endemiche, l’incantevole spiaggia le sable blanc’ presso Tadjoura e infine le isole coralline di Moucha, circondate da una barriera ricca e integra, dove avvistare i giganteschi ma mansueti squali balena.
Djibouti è uno stato multietnico dove convivono, non proprio pacificamente, la maggioranza issa (47 %), somali residenti nel centro-sud, e la minoranza afar (37 %) di origine dancalo-etiope e residenti a nord, oltre ad arabi ed europei nonché  a rifugiati dai turbolenti paesi confinanti. Subisce anche le spinte espansionistiche dei bellicosi vicini. Dopo l’indipendenza dalla Francia conseguita nel 1977, le tensioni interetniche e gli scontri politici interni hanno suggerito di mantenere un forte rapporto con gli ex colonialisti, che assieme ad Usa e Italia mantengono strategiche basi militari; qui ha sostato per parecchi decenni anche la Legione Straniera.  Queste, assieme al regime di porto franco, hanno fatto la fortuna del paese, privo di altre risorse e desertico al 90 %. Ovviamente in attesa dei turisti. Altra fortuna economica, costruita agli inizi del secolo scorso, l’ardita ferrovia Gibuti-Addis Abeba che in 800 km e superando un dislivello totale di 2.300 m muove il 70 % dell’import-export di questa vasta nazione priva di sbocchi propri sul mare. Le lingue ufficiali sono arabo e francese, ma molti parlano dialetti creoli; oltre il 90 % della popolazione professa l’islam  sunnita. A Djibouti Ville le maggiori attrattive sono costituite dal porto, dove enormi navi portacontainer affiancano caratteristici sambuchi e dhow locali, il mercato imperniato sul commercio del qat, e poi l’Acquario tropicale con la fauna ittica del Mar Rosso. Come altre città portuali, molti bar, ristoranti e alberghi celano in realtà dei bordelli.

L’operatore milanese “I Viaggi di Maurizio Levi” (tel. 02 34 93 45 28, www.viaggilevi.com), sempre alla ricerca di mete inusuali trascurate dal turismo tradizionale, propone come novità un tour di 9 giorni dedicato alla scoperta delle principali valenze ambientali e naturalistiche di Djibouti. Uniche partenze di gruppo con voli di linea Turkish Airlines da Milano (e da altri aeroporti) il 15 novembre, 28 dicembre e 21 febbraio 2015, pernottamenti di lusso ma anche spartani con pensione completa, accompagnatore italiano, quote da 2.000 euro in doppia.

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Angeledo
Djibouti, paradiso e inferno

Angeledo

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Giornalista professionista collaboro con diverse riviste di enogastronomia. Curioso per nascita sono diventato goloso per professione (e piacere). Arrivato a 115,5 kg. e con la glicemia sempre più prepotente, ho deciso di arrivare al mio secondo peso forma: 97 kg (il primo, irrangiungibile, era 85). Sono sulla buona strada: 106,4 senza tremendi sacrifici ma camminando un'ora al giorno e pedalando per un'altra. Ho scritto senza infamia e senza lode qualche libro di vino, di viaggi e di storia. Non ve ne dico i titoli tanto so che non vi interessano. Scrivo, per prendere in giro me stesso e gli amici, necrologi e parodie poetiche.

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